Monday, February 13, 2012

L'ascoli Di Costantino Rozzi.

  "L'Ascoli è come una malattia: quando ti si attacca non ti lascia più".
Costantino Rozzi la malattia dell'Ascoli la prese a 39 anni, il 6 giugno del 1968, quando nell'ambito di un affare legato alle costruzioni, ne assunse la presidenza, dichiarando che sarebbe rimasto alla guida del club solo per un anno. Vi rimase invece fino alla morte, avvenuta nel 1994, dopo 26 anni al timone. Marchigiano verace, nato proprio ad Ascoli, nel 1929, si diploma geometra nel 1948, e prosegue la tradizione di famiglia, diventando imprenditore edile: col passare degli anni si specializzò soprattutto nella costruzione di stadi e impianti sportivi, costruendo il "Del Duca" di Ascoli, il "Via del Mare" di Lecce, il "Partenio" di Avellino, il "Santa Colomba" di Benevento e il "Nuovo Romagnoli" di Campobasso, oltre a molti altri impianti minori.  Quando si insedia, l'Ascoli langue in quarta serie, e fra i giocatori ha uno stopper romano, alto alto, col naso lungo e pochi capelli in testa: si chiama Carlo Mazzone ed è il leader della squadra, ma in un derby contro la Sambenedettese si frattura la tibia. Ha già più di 30 anni, carriera finita.

Rozzi lo nomina allenatore delle giovanili. Nel 1970-71 lo promuove alla guida della prima squadra,  e ne viene ripagato, perchè in soli 4 anni l'Ascoli (allora Del Duca Ascoli) arriva fino alla serie B e quindi, nel 1974-75, sale in serie A. Mazzone conquista la salvezza, poi va a Firenze e l'anno dopo l'Ascoli retrocede, ma dopo due anni di B torna nella massima serie a suon di record vincendo il campionato con 61 punti. L’Ascoli in quegli anni si specializza nel riciclare e rimotivare giocatori in declino o appena usciti da duri infortuni. In bianconero passano, tra gli altri: Giordano, Anastasi, Scanziani, Monelli, Pulici, De Vecchi, e, soprattutto con Mazzone, crescono giovani del vivaio come Iachini, Scarafoni, Carillo, Zaini. “Rozzi non pretendeva di conoscere il calcio” dice Mazzone: “E infatti non lo conosceva per niente, ma sapeva valutare gli uomini”.
Dal ritorno in A scaturiscono sette anni meravigliosi. Sette campionati consecutivi nella massima divisione (dal 1978 all’85) coi fiori all'occhiello del sesto posto del 1981/82 e, soprattutto, del quinto posto dell’80, con allenatore Gibì Fabbri, dietro Inter, Juve, Milan e Torino, che diventa il quarto perchè i rossoneri sono retrocessi per lo scandalo scommesse. 

La partita più famosa però è sicuramente il 2-0 contro il Cagliari all’ultima giornata del torneo 1982/83, in pratica uno spareggio per non retrocedere. Con Rozzi accanto, quel giorno, il giornalista Rai Tonino Carino prende la linea per la diretta con 90° minuto a partita appena conclusa. “Il monitor di servizio – racconta il giornalista – si guastò all’improvviso, ma dallo studio e in TV ci vedevano benissimo. Rozzi invece si infuriò: mi prese per il collo,  gridando: ‘Fatelo vedere che noi ci salviamo senza truffe, fatelo vedere’, in ricordo di una retrocessione avvenuta anni prima, nonostante ci fosse stata una brutta storia che coinvolse un giro di assegni elargiti dai giocatori della Lazio a loro colleghi. In tutta Italia passarono le immagini con lui che tentava di strozzarmi, mentre Valenti da studio implorava: ‘Lo lasci, siamo collegati’.”

Buono coi buoni, battagliero coi prepotenti, da presidente lanciava costantemente – e in modo lungimirante – grida d’allarme sul mondo del calcio, corrotto dai maxi-ingaggi, danneggiato dai troppi stranieri (che impoverivano la Nazionale sotto il profilo tecnico e contribuivano all’estinzione dell’attaccamento alla maglia), leso da una disparità incolmabile tra squadre di prima e seconda fascia. Si accaniva ferocemente anche contro i bilanci falsificati che avrebbero portato il calcio alla crisi economica, e soprattutto contro la classe arbitrale, rea come sempre di sudditanza psicologica nei confronti delle big: nel 1975, l’intero Consiglio  d’Amministrazione dell’Ascoli calcio si dimise per protestare contro gli arbitri.  A livello di risultati sportivi, oltre al memorabile piazzamento del 1980, la vittoria nel Torneo di Capodanno 1981-82 davanti alla Juventus, e la Mitropa Cup del 1986/87. Nel 1989 gli fu conferita una laurea "honoris causa" in sociologia all'Università di Urbino.  Minato da un male incurabile si spense domenica 18 dicembre 1994, alle 16,20, pochi istanti dopo il fischio finale della partita del suo Ascoli. Di morire prima di sapere come finiva la partita, non se l'era proprio sentita. La migliore testimonianza di chi fosse è la partecipazione commossa di oltre 20.000 persone ai suoi funerali, e una scritta, ancora visibile all'ingresso dell'Autostrada ad Ascoli Piceno. La scrissero tanti anni fa alcuni tifosi: “Custandi' tu ca je la voce nostra fa casì” ("Costantino, tu che sei la nostra voce, fai casino"). Non li deluse mai. (Massimo Prosperi for twb22.blogspot.com)



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